Antichi mestieri napoletani: il Monzù
Marzo 29, 2020
L’arte culinaria napoletana è conosciuta in tutto il mondo. Anticamente i cuochi si chiamavano “cuceniere”, ma dal Settecento al secondo dopoguerra, tutti i cucenieri aspiravano a diventare Monzù.
La parola è una corruzione del francese Monsieur (signore). Il Monzù è quello che oggi definiamo chef e, in epoca borbonca, diventare Monzù era qualcosa di estremamente ambito.
Maria Carolina e Ferdinando, regnanti di Napoli, sappiamo che non andavano molto d’accordo. Lei una donna di classe, erudita, forte, lui un re conosciuto da molti come “re Lazzarone”, proprio perché amava il dialetto napoletano, divertirsi con il popolo ed era conosciuto soprattutto per i suoi modi non esattamente regali. Neanche sul cibo i due consorti avevano punti in comune. La regina, infatti, non apprezzava la cucina partenopea perché troppo carica di sapori e così chiese a sua sorella Maria Antonietta, regina consorte di Francia, di inviarle qualche ricetta più sofisticata, adatta ad un palato raffinato. Maria Antonietta inviò subito uno chef, un Monsier, per servire la sua amata sorella. Da allora ci fu un susseguirsi di Monzù a Napoli e tra i più celebri ricordiamo Giovanni Starace che dedicò a Maria Sofia, moglie di Francesco II, un timballo speciale utilizzando dei mezzanelli che da allora presero il nome di “maccheroni della regina”.
Monzù era un titolo onorifico, un attestato di bravura e in tanti vennero ingaggiati in ristoranti famosi nel corso del tempo. Nell’Ottocento ogni nobile che si rispettasse aveva il proprio monzù che, spesso, si recava a Parigi per raffinare la propria arte.
La consacrazione vera e propria di questo pregiatissimo lavoro si ebbe quando il Monzù venne trasformato in uno dei meravigliosi pastori del presepe napoletano, con cappellone e grembiule, dinanzi alla locanda.
Questi amati signori hanno, nel corso del tempo, portato la nostra cucina a livelli altissimi con ricette conosciute in tutto il mondo.
Ancora oggi diventare chef, non più Monzù, è un sogno di molti, perché, si sa, cedere alle tentazioni della gola è un piacere irrinunciabile che fa bene alla pancia, ma soprattutto al cuore!
Dott.ssa Rita Laurenzano