I segreti di Napoli: Il fantasma di Pizzofalcone

Sul promontorio di Monte Echia, in cima alle antiche rampe di Pizzofalcone, sorge una Villa, da tutti conosciuta come “Castello di Pizzofalcone”, ma il suo nome è Ebe, Villa Ebe.

Questa dimora fu costruita nel lontano 1922 da un architetto napoletano geniale, sfortunato, precursore dei tempi: Lamont Young. Egli nacque a Napoli nel 1851, da padre scozzese e madre indiana e nella città partenopea ha lavorato tutta la vita ad alcuni progetti entusiasmanti mai portati a termine, altri, per nostra fortuna, ancora oggi visibili.

Progetto di questo grande architetto è non solo Villa Ebe, ma anche il meraviglioso Castello Aselmayer o Castello Grifeo, al Corso Vittorio Emanuele del 1902. L’edificio è un esempio di architettura neomedievale con una combinazione di elementi gotici inglesi come gli archi ogivali e le torri sporgenti.

Castello Aselmayer, 1902, Corso Vittorio Emanuele

Altro suo prestigioso lavoro fu il Palazzo dell’Istituto Grenoble in via Crispi, costruito nel 1884 che rappresenta una testimonianza dell’architettura neorinascimentale. Interessante è soprattutto la particolare facciata con il tufo a vista.

Palazzo Grenoble, 1884, Via Crispi

A lui si devono anche progetti purtroppo mai realizzati come quello della prima linea della metropolitana napoletana del 1872 e del Rione Venezia. Quest’ultimo fu estremamente interessante. L’architetto propose infatti di trasformare Bagnoli in una piccola Venezia coinvolgendo anche la zona di Mergellina, di Posillipo e dei Campi Flegrei. La sua idea era estremamente innovativa per l’epoca: voleva far diventare  Napoli un polo turistico all’avangardia al pari di Londra e Parigi. La sua idea era costruire rioni galleggianti, canali di comunicazione, laghi artificiali, complessi termali e alberghi di lusso. Un centro innovativo che si poteva realizzare con i materiali di scavo delle metropolitane. Una grandissima riqualificazione urbanistica che partiva da Santa Lucia ed era unito ai Campi Flegrei da un grandissimo traforo. Il suo progetto fu rifiutato più volte e lui decise di chiedere personalmente un prestito alle banche per poterlo attuare. Anche il questo caso la sua richiesta non andò in porto, facendo cadere l’architetto nello sconforto.

Ed è forse  questo periodo ad essere riconducibile agli ultimi anni della sua vita e a Villa Ebe.

La villa, anch’essa in stile neomedievale, fu costruita nel 1922 e prese il nome della giovane moglie dell’architetto, appunto Ebe.  Originariamente il castello fu progettato in due scompartimenti divisi: uno, Villa Ebe, destinato a residenza personale, l’altro per la famiglia Astarita. Quest’ultima parte del complesso però andò totalmente distrutta dai bombardamenti durante il secondo conflitto mondiale. Ciò che è oggi ancora visibile, quindi, è la parte di Villa Ebe, con le sue torri dal panorama mozzafiato sul Castel dell’Ovo e sul lungomare di Napoli.

Questa bellissima villa oggi è in stato di abbandono, un po’ per il passare inevitabile del tempo, un pò per l’incuria dell’amministrazione comunale ma anche per la leggenda che la circonda.

Villa Ebe, 1922, Pizzofalcone

E’ proprio in quest’incantevole dimora con uno dei panorami più belli sulla città di Napoli che il nostro architetto nel 1929 si tolse la vita. Non sappiamo il perché di questo gesto, forse perché i suoi progetti non furono accettati, o perché non si sentì compreso da chi poteva dar concretezza alle sue idee, o perché era nato troppo presto rispetto ai tempi. Era un genio ma nessuno riusciva a capire l’innovazione della sua mente.

Tante possono esser state le motivazioni che lo spinsero al suicidio proprio in quella che era la sua villa, la casa da lui progettata con il nome della donna amata.

Dalla sua morte in poi si è alimentata una leggenda, che ha reso anche la villa leggermente sfortunata. Sembra che in quelle strade ancora oggi l’architetto torni nelle sere d’inverno. Alcuni dicono di aver visto più volte un profilo ben delineato, proprio il profilo dell’architetto, camminare lentamente tra la villa e le rampe, che oggi prendono il suo nome. Forse, nelle sere in cui torna a passeggiare tra le nostre strade, starà guardandosi intorno progettando nuovi quartieri e nuovi strepitosi palazzi e chissà se guardando la Napoli di oggi possa esser fiero e orgoglioso di ciò che vede.

Dott.ssa Rita Laurenzano