La Malinconia: un sentimento artistico
Aprile 7, 2020

La malinconia è un sentimento comune al genere umano. Uno stato d’animo noto a chiunque, soprattutto in questo particolare momento della nostra vita. Ma questo sentimento è associato in particolar modo all’immagine dell’artista, sin dal principio dei tempi.
Secondo una leggenda raccontata da Plinio nella sua Naturalis Historia, i greci attribuivano la nascita dell’arte pittorica ad una donna innamorata. Questa era la figlia di Butade, un rinomato vasaio, che, per conservare un’immagine del suo amato prossimo alla partenza, tracciò un ritratto dell’uomo su di un muro ricalcando il profilo del fanciullo proiettato grazie alla luce di una lanterna. La donna aveva compiuto questo gesto per rendere indelebile il suo ricordo, per appagare il suo momentaneo stato di malinconia alla partenza del suo amore. Questa è solo una leggenda, una “poesia” che innalza ancor di più la meravigliosa arte. Sappiamo, infatti, che le prime pitture risalgono all’età neolitica, spesso in grotte, dove il fuoco proiettava le ombre sulle mura. Anche se la leggenda non rispecchia il dato storico, le motivazioni che hanno spinto l’uomo a realizzare pitture o sculture di ogni genere sono le stesse di quelle narrate da Plinio: tracciare un ricordo, fissare un istante, un attimo fuggente da bloccare per l’eternità.
In origine l’arte era assimilata ad una pratica magica; l’artista era circondato da un alone di mistero e veniva rispettato quasi come uno stregone. Quest’idea che l’artista agisse in preda ad una forte ispirazione, in una sorta di trance, si perpetuava nell’immaginario dell’artista malinconico. La malinconia diventa una componente sempre presente del carattere del pittore o dello scultore. Michelangelo, ad esempio, fu considerato artista geniale e malinconico.

La definizione del carattere malinconico risale alla distinzione tra le quattro tipologie psicofisiche in cui in antichità si dividevano gli essere umani. Ciò erano determinato dalla mescolanza del quattro “umori” di cui si credeva fosse composto il corpo umano: “sangue”, “flemma”, “bile gialla” e “bile nera”. A seconda della prevalenza di uno di questi quattro elementi, ogni uomo apparteneva a uno dei tipi caratteriali ovvero “sanguigno”, “flemmatico””collerico” e “malinconico”. Quest’ultimo era considerato quello più vicino allo spirito artistico con manifestazioni di eccentricità, ossessività ma anche depressione. Non a caso Aristotele diceva che “gli uomini malinconici sono tra tutti i più arguti”
Nel Rinascimento la Malinconia si codifica in una vera e propria iconografia con un’immagine resa celebre dall’incisione di Albrecht Durer. Qui vediamo il sentimento prender forma, rappresentato come una donna che siede in terra e poggia il mento su una mano con atteggiamento assorto.

Probabilmente quest’iconografia deriva dall’antica Grecia come testimonia il rilievo in terracotta raffigurante Penelope afflitta custodita al Metropolitan Museum di New York. Qui la protagonista è raffigurata con il volto tra le mani e con l’aria pensosa, afflitta al pensiero di non rivedere suo marito Ulisse.

Con il passare del tempo questo tema viene ampliato di nuovi e diversi significati e viene collegato, ad esempio, allo studio, alla concentrazione, ma anche al pentimento, alla meditazione. Quest’ultimo dato è rintracciabile nell’immagine della Maddalena penitente di Francesco Furini, del 1635 ca. Qui la donna presenta lo stesso sguardo assorto e pensieroso mostrato dal Durer. Ma anche in altre celebri rappresentazioni della Maddalena è riscontrabile lo stesso schema rappresentativo. Basti pensare alla celebre tela del Caravaggio, o alla meravigliosa e commuovente scultura del Canova, che ci restituisce un immagine sublime del soggetto, reso ancora più reale dalla sua ineguagliabile lavorazione del marmo.



Anche in tempi più recenti, gli artisti hanno continuato ad usare lo stesso modello icnografico per rappresentare le angosce, il fermarsi del pensiero sui ricordi.
Pablo Picasso agli inizi del ‘900 nei suoi dipinti con figure solitarie, infelici, racconta in modo perfetto la Malinconia. Basta osservare il suo Arlecchino per comprendere che egli racconta con questo soggetto anche se stesso nei primi anni parigini. Come infatti, nel suo periodo blu, al quale risale questo dipinto, il pittore spagnolo ci parla delle sue frustrazioni, dei suoi problemi economici, del suo non sentirsi integrato pienamente nella realtà parigina.

Qualsiasi sia la sua rappresentazione, in ogni epoca sia stata narrata, la Malinconia è parte integrate di noi, del nostro comportamento, del sapersi ascoltare. La malinconia è attesa, è soffermarsi sui ricordi, è speranza di un ritorno. In questi giorni malinconici siamo tutti sospesi nel passato fatto di piccoli momenti di felicità che solo ora si caricano di significato. Ma possiamo rincuorarci e affidarci alla consapevolezza che dentro noi c’è un animo creativo.
Dott.ssa Rita Laurenzano